Il villaggio Montecatini (1954 - 2024)
70 anni di vita nelle case dei lavoratori marchigiani a Pontelagoscuro, Ferrara
Un podcast prodotto da Cristalli nella Nebbia
in collaborazione con l’Università di Ferrara e Cumbre Altre Frequenze. Con il contributo del Comitato Vivere Insieme di Pontelagoscuro.
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Pontelagoscuro è quella parte di Ferrara dove finalmente capisci che il Po passa davvero dalla città estense. Aldilà delle sue immediate vicinanze ci si ricorda della sua esistenza solo quando il Grande Fiume si ingrossa e bisogna stare attenti alla “portata del Po a Pontelagoscuro”. Ma Pontelagoscuro non è solo una parte di un qualcosa, la frazione di una città di medie dimensioni, è una comunità con una sua identità. Un’identità costruita o meglio ricostruita nel secondo dopoguerra anche su una storia di immigrazione poco conosciuta: quella dei marchigiani, arrivati a Ponte all’inizio degli anni ‘50 per lavorare al Petrolchimico dopo la chiusura della miniera di zolfo Cabernardi (Sassoferrato, Ancona): 250 famiglie per le quali fu costruito il Villaggio Montecatini.
Chi arriva a Pontelagoscuro dal centro di Ferrara, scegliendo di passare dal quartiere Barco e non dalla statale, si imbatte prima proprio nel villaggio Montecatini, conosciuto dai più come Villaggio dei Marchigiani o chiamato anche Villaggio Orsera, dal nome della società immobiliare consociata e controllata dalla Montecatini che ebbe la responsabilità della costruzione del villaggio. Ancora oggi, passandoci in mezzo lungo Corso del Popolo, quello che colpisce di questi “condomini in orizzontale” che uniscono 5 abitazioni, sono tutti i mattoni rossi senza intonaco, che idealmente rimandano ai quartieri e alle zone operaie tipiche dell’Inghilterra e l’altezza uniforme: al massimo un piano più la soffitta. Lo progettò così l’architetto Ezio Sgrelli, senza palazzoni a più piani, con in mente il preciso scopo di dare vita ad un ambiente dolce che potesse creare attraverso spazi comuni l’idea, o l’ideale, di comunità.
Era il 1953, l’anno prima c’era stata “la lotta dei sepolti vivi” e l’occupazione della miniera di Cabernardi, battaglie sindacali a difesa del posto di lavoro a fronte della volontà della Montecatini di dismettere le attività minerarie. Ad avere la meglio fu la grande industria, che licenziò gli operai coinvolti nelle proteste e iniziò il trasferimento della manodopera in altri luoghi di produzione: dalla Sicilia, alla Toscana (fra cui l’Isola d’Elba e l’Isola del Giglio), dal Trentino Alto Adige all’Emilia. Uno di quei luoghi fu quindi Ferrara, dove i primi lavoratori marchigiani arrivarono già alla fine del 1952 e dove in soli otto mesi, fra il 1953 ed il 1954, furono costruite le prime case del Villaggio Montecatini per le famiglie degli operai marchigiani assunti nell’industria chimica. La consegna delle chiavi delle prime abitazioni avvenne il 1 maggio 1954, già allora festa dei Lavoratori
A 70 anni da quella consegna, chi abita oggi in quelle case? Cosa sa di quella storia? Come vive nel villaggio e in quei “condomini in orizzontale”? Da fuori poco sembra essere cambiato. Una volta c'erano gli orti, adesso ci sono i garage e a qualche cortile interno è stato messo il cancello. Ma c’è ancora una comunità marchigiana? Quante delle persone del Villaggio lavorano nella “fabbrica”?
Un luogo pensato per accogliere una comunità così omogenea a livello di provenienza e vissuto dai bambini di allora come un campeggio, cosa racconta di questi tempi così frammentati e di un mondo in cui culture molto diverse condividono gli stessi spazi?