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Tutto quello che è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese. Un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi.Copyright Il Post Biografías y Memorias Crímenes Reales
Episodios
  • Colleferro - 5-6 settembre 2020 - Prima parte
    Oct 1 2025
    Nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 Willy Monteiro Duarte, ventunenne di Colleferro, a 50 chilometri da Roma, fu ucciso con calci e pugni da quattro ragazzi tra i 25 e i 22 anni. L’aggressione, a freddo, violentissima e totalmente immotivata durò meno di 40 secondi. I media parlarono il giorno successivo di rissa, di guerra tra i ragazzi di Colleferro e quelli di un paese vicino, Artena, di uno scontro prolungato. In realtà non fu così. Due degli aggressori, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, erano giunti nel luogo dove avvenne l’omicidio pochi secondi prima. Arrivarono, colpirono e se ne andarono in meno di due minuti. Gli altri due condannati, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, erano invece già presenti a Colleferro e si unirono al pestaggio. Willy Monteiro Duarte fu ucciso semplicemente perché era in quel luogo e perché si era avvicinato a un amico che in quel momento stava discutendo con uno dei quattro di Artena. I fratelli Bianchi, Pincarelli e Belleggia furono arrestati poco dopo l’aggressione. L’attenzione dei media si concentrò sui primi due, i fratelli Bianchi, esperti di arti marziali, già conosciuti in zona per altri episodi di violenza. Il processo ricostruì che cosa accadde quella notte, il ruolo di ciascuno dei quattro aggressori e soprattutto che cosa c’era all’origine di quella violenza feroce e immotivata. Si discusse molto di omicidio preterintenzionale e di omicidio volontario. Tutti e quattro gli imputati sono stati condannati per omicidio volontario ma le pene sono state diverse. Per due di loro, Marco e Gabriele Bianchi, si è svolto un nuovo processo in Corte d’appello ma solo per riformulare l’entità della pena. Ora si dovrà pronunciare la Corte di Cassazione. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    51 m
  • Colleferro - 5-6 settembre 2020 - Seconda parte
    Oct 1 2025
    Nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 Willy Monteiro Duarte, ventunenne di Colleferro, a 50 chilometri da Roma, fu ucciso con calci e pugni da quattro ragazzi tra i 25 e i 22 anni. L’aggressione, a freddo, violentissima e totalmente immotivata durò meno di 40 secondi. I media parlarono il giorno successivo di rissa, di guerra tra i ragazzi di Colleferro e quelli di un paese vicino, Artena, di uno scontro prolungato. In realtà non fu così. Due degli aggressori, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, erano giunti nel luogo dove avvenne l’omicidio pochi secondi prima. Arrivarono, colpirono e se ne andarono in meno di due minuti. Gli altri due condannati, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, erano invece già presenti a Colleferro e si unirono al pestaggio. Willy Monteiro Duarte fu ucciso semplicemente perché era in quel luogo e perché si era avvicinato a un amico che in quel momento stava discutendo con uno dei quattro di Artena. I fratelli Bianchi, Pincarelli e Belleggia furono arrestati poco dopo l’aggressione. L’attenzione dei media si concentrò sui primi due, i fratelli Bianchi, esperti di arti marziali, già conosciuti in zona per altri episodi di violenza. Il processo ricostruì che cosa accadde quella notte, il ruolo di ciascuno dei quattro aggressori e soprattutto che cosa c’era all’origine di quella violenza feroce e immotivata. Si discusse molto di omicidio preterintenzionale e di omicidio volontario. Tutti e quattro gli imputati sono stati condannati per omicidio volontario ma le pene sono state diverse. Per due di loro, Marco e Gabriele Bianchi, si è svolto un nuovo processo in Corte d’appello ma solo per riformulare l’entità della pena. Ora si dovrà pronunciare la Corte di Cassazione. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    57 m
  • Arce - 1 giugno 2001 - Prima parte
    Sep 1 2025
    Per ascoltare la puntata di Altre Indagini registrati gratuitamente qui Il 1° giugno 2001 una ragazza diciottenne di Arce, in provincia di Frosinone, scomparve. Si chiamava Serena Mollicone. Il suo corpo venne trovato due giorni più tardi, in un bosco. Era stata legata con nastro adesivo e fil di ferro, sulla testa aveva un sacchetto di plastica del supermercato Eurospin. Aveva una ferita alla testa, l’autopsia stabilì che era morta per soffocamento. Quella dell’omicidio di Serena Mollicone è una storia intricata e lunga, giudiziariamente ancora aperta. Ci sono stati due filoni di indagine. Un anno e mezzo dopo il delitto un uomo, Carmine Belli, di Arce, fu arrestato. Passò 17 mesi in carcere prima di essere assolto in tre gradi di giudizio. Dieci anni dopo vennero indagati e poi imputati il comandante della caserma dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, suo figlio Marco, sua moglie Anna Maria, e altri due carabinieri. Secondo l’accusa, Serena Mollicone era stata assassinata proprio all’interno della caserma in seguito a una lite con Marco Mottola. In questa vicenda ci sono state testimonianze mutate nel tempo, oggetti scomparsi e poi ritrovati, impronte digitali e tracce di Dna mai attribuite. Un carabiniere, Santino Tuzi, dichiarò di aver visto la mattina del 1° giugno 2001 una ragazza somigliante a Serena Mollicone entrare in caserma. Non l’aveva poi vista uscire. Ritrattò quella dichiarazione per poi tornare a confermarla. Pochi giorni dopo si uccise. Al centro degli ultimi processi ci sono state le analisi scientifiche, soprattutto su una porta danneggiata. Secondo l’accusa a provocarne la rottura era stato il capo di Serena Mollicone. La Corte di Cassazione ha annullato, questa primavera, il processo d’appello che aveva assolto Franco Mottola, suo figlio e sua moglie. Il processo andrà rifatto. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    55 m
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