
Discorso sui pastori
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Nel Sermone 46 Sant’Agostino commenta i 17 versetti del capitolo 34 del profeta Ezechiele e denuncia le colpe di un clero che è più dedito ai propri interessi che a quelli del gregge cui Cristo li ha preposti. Ne denuncia la viltà, la sensualità, la superbia, il basso interesse, la falsità, l’ipocrisia. Il pastore d’anime è un costruttore che edifica sopra la pietra che è Cristo, è lampada che illumina gli uomini con la luce del Verbo di verità: per questo il posto che occupa non è dovuto al suo merito personale, ma al sacrificio di Gesù Cristo, unico autentico Buon Pastore. Tocca dunque al pastore indicare alle pecore il giusto cammino, anzitutto con l’esempio: questo significa non voler piacere agli uomini, ma piuttosto imitare Cristo, affinché quelli che ci seguono diventino a loro volta imitatori di Cristo. Un bagno di umiltà per il clero e un sano antidoto al pensiero ricorrente che vorrebbe mettere i preti su un piedistallo e dar sempre loro ragione anche quando hanno chiaramente torto e sono fautori del male invece che della salvezza delle anime.